Ilaria Alpi – Il più crudele dei giorni, di Ferdinando Vicentini Orgnani, con Giovanna Mezzogiorno, Rade Serbedzija, Angelo Infanti, Andrea Renzi, Erika Blanc, Francesco Carnelutti, anno 2003, drammatico, produzione Italia, durata 100 minuti, girato in Marocco.
E’ un film di denuncia civile, che richiama per lo stile, seppur vagamente, Rosi e Petri, ed è uscito per la prima volta su RAI 3 in seconda serata nel 2004, dopo di ché lo si è visto solo ieri su La7 nello speciale dedicato ai 25 anni dalle morti della giornalista di Rai 3 Ilaria Alpi e del suo operatore Miran Hrovatim, avvenute a Mogadiscio il 20 marzo del 1994 per opera di un commando somalo. La distribuzione del film è stata pressoché bloccata dalle numerose querele per lo più provocate dal fatto che i personaggi che nel racconto filmico sono sotto accusa hanno gli stessi nomi di quelli reali. In Italia il film non è mai uscito nelle sale, e per 15 anni neanche in altre reti televisive, né esiste in DVD o un digital. All’estero invece è stato regolarmente venduto e distribuito suscitando interesse critico.
La pellicola ripercorre, con una andatura non cronologica (per la brevità imposta dai solo 100 minuti di pellicola) ma logico associativa che ricompone dettagli significativi presenti in tempi diversi nell’ultimo mese di vita di Ilaria Alpi e del suo operatore.
Il film a livello informativo è la soluzione tragica di un cruciverba contenente in sé una logica di morte che è messa a nudo senza reticenze dal racconto per informare al meglio lo spettatore sui particolari più raccapriccianti di un mondo sotterraneo al civile e allo spettacolo consumistico, a lui in gran parte estraneo.
Un mondo che nascondeva da tempo dietro i suoi deboli luccichii di una apparente felicità, preconfezionata, aberrazioni censurate. Un male figlio del miracolo economico, assai esteso, che i grandi autori letterari, poeti, e cineasti come Pier Paolo Pasolini avevano da tempo denunciato, paragonando il sistema consumistico italiano a una nuova forma di fascismo, distruttore di una miriade di culture territoriali lavorative basate su valori (di identità) consolidati, forti, cioè compositivi e che le immigrazioni campagna-città e sud-nord, rendevano invece dissociativi.
Trama. Ilaria Alpi durante la sua permanenza in Croazia per il servizio televisivo sulla guerra, riceve una informazione che, opportunamente selezionata rispetto ad altre meno attendibili, le suscita forte indignazione. Le viene segnalata la presenza di un commercio illecito di armi e rifiuti tossici che avviene regolarmente da tempo tra nazioni europee, compresa l’Italia, e la criminalità organizzata somala, sotto la dicitura di “Aiuti umanitari”. L’illecito sembra avvenire per nave, tramite trasporto della merce-reato in contenitori opportunamente mascherati.
I trattamenti di bonifica dei rifiuti tossici, chimici o radioattivi, è risaputo che comportano operazioni di alta professionalità e spese molto sostenute, esse, per accordi internazionali del tutto ovvii devono essere effettuate nei paesi dove si originano i rifiuti stessi.
Una parte del capitalismo europeo, quello più straccione, malavitoso, retrivo e cinico, non ha mai osservato queste misure di sicurezza, trovando più comodo e redditizio scaricare i rifiuti altrove, ovvero in alcuni casi lungo le coste sterminate e deserte di alcuni mari africani, come la Somalia, in altri seppellendoli nelle relative spiagge nonché all’interno delle vaste e secche pianure somale.
Per far ciò non occorreva sporcarsi la mani, si pagavano tangenti a bande di criminali che probabilmente godevano anche di protezioni giudiziarie da parte di famiglie del posto alto locate. Si può pensare che tutti alla fine rimanevano soddisfatti, di quello che, indubbiamente, è stato per un tempo incalcolabile e forse lo è tutt’ora un ottimo affare.
Ilaria Alpi trova prove di tutto ciò, attraverso interviste a semplici cittadini africani, visite segrete a navi sospette, interviste trappola a loschi personaggi legati a famiglia di alto potere locale, riprese video nascoste con al centro scene di uomini in tute bianche e visiera antiradiazioni intenti a manipolare bidoni di rifiuti tossici, etc. etc.
Ilaria senza adeguate protezioni non poteva quindi che essere uccisa. Il tragico caso ha suscitato attraverso il film diversi interrogativi. Ad esempio perché l’uomo armato, di scorta, che la accompagnava regolarmente negli spostamenti con l’auto, è fuggito quando ha visto che il commando killer che si avvicinava ad Ilaria con un’altra auto si era messo di traverso al mezzo in cui era presente la giornalista, con l’intento di chi era dentro di compiere le uccisioni? Quell’uomo era un complice del commando oppure un vile? In entrambi i casi viene da chiedersi perché Ilaria Alpi non è stata sufficientemente protetta dalle autorità italiane nei suoi frequenti spostamenti in auto a Mogadiscio, soprattutto dopo che Ilaria aveva ipotizzato pubblicamente, attraverso i suoi resoconti televisivi, la presenza in Somalia di forti interessi illeciti che non escludevano per deduzione logica e testimonianze responsabilità anche di alcune industrie italiane?