L’opinione di Luciano Angelini

Dopo l’intervento-denuncia di Marcello Zinola, giornalista del Secolo XIX e segretario del sindacato ligure dei giornalisti, sul comportamento dei giornali nella vicenda del giovane suicida, ospitiamo l’opinione di Luciano Angelini, già condirettore del Secolo XIX.

L’ultima spiaggia
del giornalismo

“Vogliamo fare un giornale per la gente che ha bisogno o desiderio di conoscere i fatti e le notizie senza fronzoli retorici, senza inutili e diluite divagazioni: un giornale il quale risponda al quotidiano e borghese ‘che c’è di nuovo’ che ogni galantuomo ha l’abitudine di rivolgere ogni mattina al primo amico o conoscente che incontra…”. Così veniva presentato, a firma “i redattori”, il primo numero del Resto del Carlino. Era il 21 marzo 1885. Un vero e proprio “manifesto” per il nostro mestiere, come amava definirlo Giorgio Mottana, autentico maestro di giornalismo.

Sono trascorsi 125 anni. Molte (troppe) cose sono cambiate. In peggio. Soprattutto negli ultimi 10-15 anni anni. La notizia è ormai un optional, la fonte non è più il mattinale della questura o il brogliaccio del pronto soccorso ma l’utilizzo indiscriminato e scriteriato di facebook, il sensazionalismo una regola, l’approfondimento merce sempre più rara, la grafica un dogma, la foto a tutta pagina un obbligo più che una necessità, meglio se di veline e starlet in cerca di pubblicità e in compagna di calciatori più o meno famosi, la commistione tra cronaca e commento una consuetudine consolidata, inesistente o quasi la verifica delle fonti, l’accertamento “de visu” della notizia, il gossip il pane quotidiano. E una contraddizione con le regole del giornalismo asettico, equilibrato, al servizio del lettore stella polare del nostro mesiere: le redazioni militarizzate.

Che ne è del nostro mestiere? Dove va il giornalismo del Terzo Millennio? Cosa fanno i giornalisti, quelli veri, cresciuti a pane e cronaca, per fare riprendere fiato e credibilità, e di conseguenza lettori, ai loro giornali. Che ne è della grande tradizione dei giornali regionali che ha trovato in Piero Ottone, Michele Tito e Carlo Rognoni, alla guida del Secolo XIX, ancorché con stili e strategie diverse, la massima espressione e il massimo successo? E ancora: ha senso sfornare centinaia e centinaia di futuri disoccupati e coltivare illusioni o creare nuovi sfruttati attraverso presunte scuole di giornalismo, master, sanatorie per abusivi e free lance? Che si fa per porre fine allo sfruttamento degli abusivi, piaga di cui sono complici, al di là delle pesanti responsabilità degli editori-squalo, gli stessi giornalisti scansafatiche?

E’ su questi temi, spinosissimi ormai, che i giornalisti dovranno mettersi in discussione, rimettere a punto le regole e i canoni della professione, tornare al rispetto della deontologia professionale, svincolarsi da lacci e lacciuoli, condizionamenti per paura o per comodo. E trovare risposte adeguate per evitare che la crisi della stampa, che è anche di credibilità, a tutti i livelli, diventi irreversibile.

Dalle edicole e dai lettori arrivano già pesanti sentenze: le vendite sono in picchiata, la disaffezione cresce, la credibilità è ai minimi storici al pari della fiducia. Per vendere ogni sistema è buono. A quando, dopo cassette, dvd, carte stradali, libri, carte da gioco, fumetti, penne biro e braccialetti della salute, l’ultima spiaggia dell’abbinamento giornale-kit per aspiranti suicidi? 
 
Luciano Angelini  (Giornalista, già condirettore del Secolo XIX)
 
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