La Commissione Parlamentare su Tirreno Power

La Commissione Parlamentare su Tirreno Power: commistione di interessi imprenditoriali di grande dimensione, in grado di condizionare i poteri pubblici. Disequilibrio tra ragioni della tutela ambientale e ragioni della produzione industriale, a sfavore delle prime.

La Commissione Parlamentare sui rifiuti recepisce l’impianto accusatorio della Procura di Savona e il pronunciamento del GIP in merito alla questione della centrale a carbone Tirreno Power, nella relazione presentata oggi. Secondo i Parlamentari della Commissione…

 “Il contenuto in fatto della contestazione di abuso di ufficio appare di particolare interesse perché descrive l’interferenza e anzi la commistione, in campo di tutela ambientale, di interessi imprenditoriali di grande dimensione, in grado di condizionare i poteri pubblici.

I fatti che già emergono dagli atti di indagine ora depositati integralmente dalla procura della Repubblica, segnalano un disequilibrio tra ragioni della tutela ambientale e ragioni della produzione industriale a sfavore delle prime”.

  (…)  Gli eventi secondo l’impianto accusatorio sono da attribuire anche alla cooperazione colposa dei pubblici amministratori e funzionari della regione Liguria, altresì costituente abuso di ufficio per garantire vantaggi patrimoniali all’azienda.

Le scelte strategiche e le decisioni operative degli amministratori e dirigenti di Tirreno Power inerenti l’esistenza e il funzionamento dei gruppi a carbone della centrale termoelettrica Tirreno Power, secondo l’impianto accusatorio, sarebbero state orientate a omettere volontariamente e consapevolmente di applicare le misure precauzionali necessarie a ridurre l’inquinamento, assumendo decisioni finalizzate sempre e soltanto alle soluzioni più redditizie, a scapito dei livelli minimi di tutela ambientale.

Si fa menzione citando prese di posizione pubbliche dell’allora Presidente della Regione Claudio Burlando – indirizzate anche a fare pressione sugli enti locali di insediamento della centrale – cui si contesta, tra l’altro, di avere assentito e condotto « in prima persona e nella sua qualità, la « trattativa » nella complessa strategia condotta per anni da Tirreno Power, finalizzata a legittimare dal punto di vista delle necessarie autorizzazioni, il mantenimento in funzione, nello stato in cui si trovavano, dei vecchi gruppi a carbone VL3 e VL4, economicamente molto redditizi, che non avrebbero mai potuto essere autorizzati, così com’erano, nell’ambito di una autonoma procedura di AIA riconducendoli e inglobandoli, sebbene si fosse già in presenza di danno alla salute accertato, e con prescrizioni parziali e in contrasto con le MTD, ad una nuova procedura di AIA, comprendente la fittizia costruzione del nuovo gruppo VL6, con caldaia supercritica, che avrebbe consentito nel frattempo, ancora per molti anni, il prolungarsi del danno alla pubblica incolumità e all’ambiente già in atto, e la prosecuzione degli ingiusti e ingenti guadagni sui gruppi a carbone obsoleti, tra l’altro senza che vi fosse alcuna garanzia sulla effettiva costruzione del nuovo gruppo».

Il contenuto in fatto della contestazione di abuso di ufficio appare di particolare interesse perché descrive l’interferenza e anzi la commistione, in campo di tutela ambientale, di interessi imprenditoriali di grande dimensione, in grado di condizionare i poteri pubblici.

«gestendo, con contatti intensissimi, risultanti anche dalle intercettazioni telefoniche e ambientali (che ne chiariscono i contenuti non dichiarati ed evidenziano gli accordi illegittimi tra controllore e controllato), una strategia su due fronti:

a) l’artificiosa e scientificamente infondata negazione del disastro effettivamente verificatosi, con la ricerca di specialisti compiacenti disposti a fornire, come dimostrato dalle intercettazioni telefoniche, pretesi supporti « scientifici » per indebolire – invano – la solidità scientifica della consulenza

b) la concessione delle autorizzazioni amministrative necessarie per consentire la lucrosa ripresa dell’attività produttiva dei gruppi a carbone esistenti (lucrosità confermata anche dalle dichiarazioni a verbale di un componente del collegio sindacale della società: piovevano i soldi come se fosse latte dal rubinetto), alle condizioni dettate dall’azienda.

Allo scopo, si adoperavano in una costante sovrapposizione e fusione tra imprenditoria privata e funzioni di controllo, contraria all’articolo 97 della Costituzione… »

nella relazione inviata dal procuratore della Repubblica alla Commissione già nel gennaio 2015, nella quale così si argomenta:

«sta emergendo come una pressoché totale inerzia della pubblica amministrazione, centrale e locale, deputata ai controlli nel settore ambientale e nel controllo del territorio in genere.

I fatti che già emergono dagli atti di indagine ora depositati integralmente dalla procura della Repubblica, segnalano un disequilibrio tra ragioni della tutela ambientale e ragioni della produzione industriale a sfavore delle prime.

D’altro canto, un’azienda delle dimensioni economiche e capace di ricadute occupazionali quali sono quelle di Tirreno Power, dispone di una forza, che se non si vuol definire di pressione quantomeno va definita « di coinvolgimento » delle istituzioni pubbliche sino ai massimi livelli, che altri operatori economici non possono vantare.

Il procuratore della Repubblica di Savona Nel corso della successiva audizione – svoltasi dopo il deposito integrale degli atti di indagine – egli ha fatto più specifico riferimento a un andamento anomalo della vicenda processuale, nella quale, dopo il sequestro del marzo 2014, la Tirreno Power, anziché articolare e proporre le sue difese e istanze all’interno del procedimento penale, ha iniziato quello che il procuratore definisce (e l’annotazione finale del NOE di Genova con ampi stralci di intercettazioni ambientali e telefoniche conferma essere) « un lavorio frenetico » per ottenere appoggi dalla regione, dalle amministrazioni locali, dai Ministeri interessati, in tal caso anche mediante l’introduzione di nuove norme che, modificando quelle sui cui in parte si reggevano le accuse, potessero vanificarle.

Il direttore generale di Tirreno Power, in una telefonata intercettata il 29 aprile 2014 insiste più d’una volta sulla necessità di “fare le norme”.

Le conversazioni tra alcuni dirigenti del Ministero dell’ambiente, riuniti in quegli uffici il 13 maggio 2014, vengono intercettate: le espressioni utilizzate sono inequivoche: « cerchiamo di fare una porcata almeno che sia leggibile », « se si volesse fare una cosa pulita… Questa pulita non potrà mai essere. Meno sporca », « abbiamo una porcata da fare in trenta minuti… Tirreno Power », « faccio una legge più dirompente dell’altra, per cui stiamo scardinando tutti i principi dell’ordinamento ».

Dalle indagini emergeva che la stessa azienda non aveva ha mai avuto intenzione di ristrutturare i vecchi gruppi a carbone VL3 e VL4 e nemmeno di costruire il nuovo gruppo VL6.

Infatti, da un piano industriale aziendale dell’ottobre 2013, risulta chiaramente che l’azienda intendeva portare a fine ciclo vitale i due vetusti gruppi senza procedere con alcun ammodernamento e adeguamento ambientale degli stessi e procedere alla loro chiusura tra il 2018 ed il 2020, prevedendo altresì il progressivo licenziamento del personale dell’impianto di Vado Ligure in varie tappe a partire dal 2016.

RELAZIONE TERRITORIALE SULLA REGIONE LIGURE

 

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