Da La Repubblica

Cornigliano, i furbetti delle bonifiche cartello di imprese nel mirino dei giudici
Coinvolti l’Ecoge di Mamone e Dellepiane presidente del Savona calcio

LA DEMOLIZIONE delle Acciaierie, dell’altoforno, del gasometro o della cokeria, hanno avuto un costo aggiuntivo per lo Stato, quindi per le nostre tasche, causato dagli accordi sottobanco di un cartello di imprese specializzate. È questa la tesi della procura di Genova che, nei giorni scorsi, ha chiuso le indagini di un’inchiesta iniziata nel 2009. Tra i 17 destinatari dell’avviso di conclusione delle indagini per il reato di associazione a delinquere finalizzata alla turbativa d’asta ai danni della società pubblico privata Sviluppo Genova, ci sono due nomi molto noti in Liguria: Gino Mamone, già al vertice della Ecoge e Aldo Dellepiane, savonese, uno degli industriali più importanti della Liguria, attualmente presidente del Savona Calcio e nel consiglio di amministrazione della Cassa di Risparmio di Savona.
In una costola dell’inchiesta principale altri due indagati eccellenti, questa volta per truffa e falso. Si tratta del manager Alberto Ghio, già vicesindaco all’epoca della giunta di Giuseppe Pericu e amministratore delegato di Sviluppo Genova nel 2008, e con lui Salvatore Saffioti, nello stesso periodo direttore amministrativo della partecipata che gestì la bonifica delle aree ex Italsider-Ilva. Ghio e Saffioti, assieme ad un’impiegata, Barbara Rossi (le viene contestato solo il falso), avrebbero falsificato la documentazione relativa allo stato di un locale con annesso box nell’ex cartiera di Voltri in via Ovada, permettendo così all’imprenditore genovese Cosimo Quinto (anche per lui truffa e falso) di acquistarlo al prezzo di 536mila euro invece di 615 mila sostenendo, contrariamente al vero, che sarebbe stato consegnato con finiture grezze.
Saffioti è accusato anche per una serie di presunti abusi relativi ad incarichi affidati senza gara per l’allargamento di lungomare Canepa e per il nuovo polo produttivo di Isolabuona a Ronco Scrivia. Tra i capi d’accusa anche la turbativa d’asta semplice ed il falso per aver fatto inserire tra le offerte, per un appalto per i lotti dell’Ilva-Italsider, quella di un’impresa (l’emiliana Sogemo) arrivata fuori tempo massimo.
Ma la situazione più pesante della maxi inchiesta, coordinata dal pm Francesco Pinto e affidata alla guardia di finanza, è quella che vede coinvolte alcune delle principali imprese italiane del settore bonifiche e demolizioni industriali: Ecoge, Demont, Ise, e Icostra per la Liguria, e poi la Baraldi spa di Modena, il Consorzio Cooperative Costruzioni di Bologna, la veneziana Idea, la furia Holding di Fidenza, la Torino Scavi Manzone, la Despe di Bergamo, la M.S. Isolamenti di Seveso, la Agrideco di Follonica.
Per alcuni episodi in cui è contestata la turbativa solo in concorso, sono indagati anche rappresentanti delle imprese Pamoter, Nec e Sirce.
Secondo il pm Pinto e i finanzieri, il “cartello” si sarebbe accordato in modo tale da presentare offerte alle gare d’appalto, con ribassi concordati in modo da individuare fin dall’inizio il vincitore secondo una logica di suddivisione che non doveva lasciare scontento nessuno.
Sempre in base alle accuse degli inquirenti, i “furbetti” della bonifica garantivano allo sconfitto di turno la possibilità di partecipare ai lavori attraverso contratti si sub appalto. Per la procura il promotore dell’associazione era Gino Mamone che in questo meccanismo che «falsava la libera concorrenza» si sarebbe aggiudicato, come vincitore o sub appaltatore, molti degli appalti delle acciaierie. Mamone, nel 2012 è stato condannato per corruzione con i due ex amministratori comunali Paolo Striano e Massimo Casagrande per il tentativo di vendita dell’ex oleificio Gaslini.
I ribassi concordati per gli investigatori oscillavano in genere tra il 23 e il 25% con punte del 32%. Tra i lotti (2006-2009) per i quali sono ipotizzate le turbative ci sono i lavori per la sistemazione del “Ponte Basso”, lo smantellamento dell’area Gasometri, la demolizione del cosiddetto gasometro Afo (quello più grande, alto 98 metri); e ancora lo smantellamento e la demolizione della cokeria, delle aree A1 e A5 dell’Ilva, della cosiddetta zona Lanfranco, e ancora la demolizione dell’altoforno Afo 2 e dell’area A3 e della zona parcheggio. Sarebbero stati truccati anche gli appalti per la gestione centralizzata dei rifiuti così come i lavori del primo sublotto di viabilità in sponda destra del torrente Polcevera.
Nei prossimi giorni tutti gli indagati, attraverso i loro legali potranno presentare memorie e chiedere di essere interrogati. In seguito, a meno di chiarimenti decisivi, è probabile che il pm Pinto presenti al gip le richieste di rinvio a giudizio.

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