Luca Telese: “Il partito zombie che litiga tra le sedie vuote. Quant’è brutto ciò che resta del Pd”
– Alla festa de l’Unità di Torino solo trenta partecipanti per il primo dibattito dell’anno. A Marina di Pietrasanta l’intervento più seguito, quello in cui esordisce (da candidato leader) il governatore del Lazio: solo che questo dibattito, contrappuntato dalle domande intelligenti di Peter Gomez, si svolge alla festa del Fatto quotidiano, e non sotto un tendone di partito.
Dibattito cloroformizzato
Se serviva una immagine folgorante dello sfacelo in cui si è infilato il Partito Democratico in questa estate cruciale, eccola. Un dibattito ufficiale cloroformizzato, e la raffica di battute caustiche del sito satirico Arsenale K, amenità del tipo: “Il PD è talmente morto che ormai la linea non la detta più uno spin-doctor ma un medium”. I sondaggi – è vero che le scuole sono ancora chiuse e non sono scientificamente attendibili – che parlano di un partito poco sopra il 12% nei consensi.
Autolesionismo Pd
Ma alla prima follia, che è figlia di un errore politico commesso consapevolmente da almeno due componenti del partito (congelare il dibattito congressuale in attesa e nella speranza di una resurrezione di Renzi, o come dice Carlo Calenda “Di un terzo avvento dopo la Leopolda”) si aggiunge il tono surreale della discussione che si è animata tra le componenti quando Zingaretti ha parlato. Il governatore del Lazio aveva detto a La Repubblica una frase che nella situazione attuale sembra poco più che una affermazione di buonsenso: “Escludo di fare come Macron. La nostra storia e il nostro futuro -sostiene Zingaretti – non si può infilare dentro a quel modello elitario, repubblicano ma rappresentativo dei piani alti della società francese”.
Renziani contro Zingaretti
Apriti cielo. In assenza del capo-corrente (in queste ore impegnato nelle riprese del suo remunerato filmino per Retequattro), su Zingaretti si è abbattuto il fuoco di sbarramento incomprensibile dei renziani e dei renzini, sempre geniali nel difendere le cause più improbabili. Il primo ad attaccare è dal presidente dei senatori dem Andrea Marcucci: “Una nuova alleanza per #Europa nasce insieme a #Macron. I nostri avversari sono i sovranisti”. Segue, durissima, e anche lei su Twitter, la deputata Alessia Morani: “Attacca #Macron prima delle elezioni Europee. Attacca #Renzi prima del Congresso #Pd. Apre al #M5s subito. Raffinata strategia quella di #Zingaretti: per la serie continuiamo a farci del male”. Al coro si aggiungono anche il “Famose male”, di Roberto Giachetti, e il “No ai falsi miti del Pds” di Luigi Marattin.
Due anime inconciliabili
Sembrerebbero davvero attacchi pretestuosi, perché pare folle che qualcuno possa considerare una bandiera – in Italia -un personaggio come Emmanuel Marcon. Ma la furia dei seguaci di Rignano non conosce confini ed è figlia della stessa madre che ha partorito la più rovinosa sconfitta elettorale nella storia della sinistra. Impopolari, incapaci di intercettare il sentimento collettivo del loro popolo, i renziani trasformano due frasette di buonsenso di Zingaretti in affermazioni degne di scomunica. È la fotografia di un partito che ormai ha due anime inconciliabili tra di loro: una moderata, ma ancora animata da qualche vago principio di sinistra, e l’altra che corre verso destra, sognando – ancora – improbabili terze vie e modelli di superamento di ogni legame con la propria storia e con la propria identità. È quello che Alessandro Sallusti invita “A fondersi con Forza Italia in un patto anti-populisti”. Auguri. Ovvio che con questi chiari di luna, è in assenza di un contraddittorio tra due linee, tutte le tempeste si svolgano nella virtualità di Twitter: ovvio che a Torino, come in molte altre feste, le sedie restino vuote.
Luca Telese da InfoSannio