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Dal Fatto Quotidiano

Lupi, tutti i guai giudiziari del cerchio magico ciellino intorno all’ex ministro

Di Gangi e il certificato antimafia negato. Paradiso e le telefonate dal boss della strage Borsellino. Menolascina indagato per corruzione. Cavallo arrestato nell’inchiesta Incalza. Tutti insieme appassionatamente tra Compagnia delle opere e Comunione e liberazione. E tutti grandi amici dell’ormai ex ministro. Spunta persino Saladino (Why Not). Che al telefono si vanta: “Ho conosciuto don Ciccio Mazzetta”

di Mario Portanova | 21 marzo 2015

Anche Maurizio Lupi aveva il suo mondo di mezzo. Una consuetudine confidenziale con personaggi che da un lato hanno collezionato gravi vicende giudiziarie, dall’altro sono riuniti nella grande famiglia di Comunione e Liberazione, e in solidi rapporti con l’Ncd. Lupi, pur non essendo indagato, si è dimesso da ministro delle Infrastrutture in seguito ai fatti emersi dall’inchiesta su Ercole Incalza e le Grandi opere.

IL “FRATELLONE” DI GANGI E IL CERTIFICATO ANTIMAFIA NEGATO. Nelle intercettazioni dell’inchiesta del Ros coordinata dalla Procura di Firenze emerge innanzitutto un solido rapporto con Salvatore Di Gangi(non indagato), imprenditore della sicurezza originario di Canicattì (Agrigento) da tempo stabilitosi a Roma. Salvatore è il fratello di Vittorio detto “er Nasca”, arrestato nella capitale nel 2012 con l’accusa di essere a capo di un vasto giro di estorsioni. Ma se le colpe non si trasmettono di fratello in fratello, anche Salvatore ha avuto i suoi guai con la giustizia. Nel 2009 la sua società Sipro – un importante gruppo della sicurezza fondato dal piduista Antonino Li Causi che ha lavorato per una sfilza di ministeri, dalla Difesa alle Infrastrutture, ma anche per Rai, Equitalia, Inail, Comune di Roma, Atac… – si è vista negare il certificato antimafia per “numerosi procedimenti penali per reati associativi, truffa, contro la persona e in materia di sostanze stupefacenti che annovera Salvatore Di Gangi” – insieme ai fratelli (Vittorio e Aldo) –, nonché il “rinvio a giudizio per estorsione”. Così scriveva la questura di Roma, poi ne è nato un procedimento amministrativo che ha visto il Tar accogliere il ricorso dell’azienda, e il Consiglio di Stato pronunciarsi in modo opposto. La Sipro, passata nelle mani dei familiari di Di Gangi, assicura di aver ottenuto il certificato antimafia “il 23 settembre 2009″.

Salvatore Di Gangi, però, è anche l’interlocutore di una telefonata molto amichevole con l’allora ministro Lupi, che in un’altra occasione lo chiama “fratellone”. “Ma vai a cagare, non vieni mai alle nostre cene”, esordisce scherzosamente il ministro, che si trova a Londra per le celebrazioni di san Tommaso Moro, nella conversazione intercettata dal Ros il 20 ottobre 2013. Di rimando, Di Gangi ironizza su un sit in di protesta che in quei giorni staziona davanti al ministero delle Infrastrutture: “Tu basta che mi ordini… io porto 200 soldati… li ammazziamo direttamente e buonanotte ai suonatori”. Di Gangi avrebbe dovuto essere della partita, ma a Lupi rinfaccia di aver organizzato un viaggio “tour de force” e poi lo rassicura: “Io se non vi sto vicino sto male… vi sto vicino da lontano”.

CAVALLO, DI GANGI E LE ELEZIONI NELLA COMPAGNIA DELLE OPERE. A ricevere la telefonata e a passarla a Lupi è Franco Cavallo, uno di protagonisti dell’inchiesta su Incalza, finito ai domiciliari. E’ l’accompagnatore di Lupi a Londra ma, secondo il Ros, avrebbe con Di Gangi “un comune interesse” in una società, tanto che in un’altra telefonata i due si accordano per incontrarsi e “firmare i bilanci”. Cavallo è socio della Dicanet – che si occupa anche lei di sicurezza – insieme alla High Security Consulting, che in una data non precisata conferisce una procura speciale a Giampiero Vitocolonna, amministratore delegato della Sipro e della Sipro Holding della famiglia Di Gangi. Cavallo viene dal mondo di Comunione e Liberazione, come Lupi, e fino al 2008 è stato amministratore delegato della Tempi duri srl, l’editore del settimanale ciellino Tempi diretto da Luigi Amicone, nonché tra i promotori della Fondazione per la sussidiarietà. E’ stato anche nel cda di Metropolitana milanese per poi diventare presidente di Centostazioni, la società controllata da Ferrovie dello Stato, dalla quale si è dimesso dopo l’arresto. Cavallo e Di Gangi, fra l’altro, parlano al telefono di strategie comuni in vista delle elezioni interne della Compagnia delle Opere a Roma. C’è da bloccare la candidatura di un soggetto non meglio specificato, detto “il grezzo”.

PARADISO E LE TELEFONATE DEL BOSS SCOTTO. La sfolgorante carriera pubblico-privata di Cavallo si è accompagnata a frequentazioni che hanno attratto l’attenzione dei carabinieri del Ros. Tra i personaggi che hanno “rapporti economici” con Cavallo gli investigatori includono Vincenzo Biagio Paradiso(neppure lui indagato nell’inchiesta Incalza), di Castell’Umberto in provincia di Messina, che nel 2004 finì indagato per concorso esterno in associazione mafiosa perché nell’ambito dell’inchiesta sulla strage di via D’Amelio erano emerse due telefonate verso sue utenze da parte di Gaetano Scotto, boss dell’Arenella, mandamento che include la strada dove Paolo Borsellino fu fatto saltare in aria con la sua scorta. Interrogato sul punto, annotano i Ros, Paradiso si avvalse della facoltà di non rispondere, ma la sua posizione fu archiviata dalla Procura di Caltanissetta anche per l’impossibilità di conoscere il contenuto di quelle conversazioni. Esponente della Compagnia delle opere, poi amministratore delegato e direttore fino all’ottobre 2014 di Sviluppo Italia Sicilia, all’epoca Paradiso collaborava con il Cerisdi, ente pubblico con sede a Castello Utveggio, di cui molto si è scritto come sede di copertura dei servizi segreti. Nel settembre 2012 è Cavallo a organizzare un incontro fra Paradiso e Stefano Perotti, il re delle direzioni lavori arrestato con Incalza, per il quale è prevista la presenza del ministro Lupi e di Gabriele Toccafondi, sottosegretario Ncd all’istruzione. Cavallo e Paradiso risultano soci nella Capa srl di Milano, società di consulenza aziendale. Che fra l’altro il 4 ottobre 2012 intasca 24.200 euro per un piano di marketing territoriale della Regione Sicilia.

LA CENA DELL’UDC E LA RACCOMANDAZIONE PER IL TEST DELLA BOCCONI. C’è poi Salvatore Menolascina (non indagato dalla Procura di Firenze), patron della coop La cascina di Bari, “indagato dalla Procura di Potenza per associazione  a delinquere, truffa e corruzione in relazione all’aggiudicazione di una gara del ministero della Difesa”, annota il Ros. Dalle intercettazioni emerge la sua amicizia con Emanuele Forlani (non indagato), stretto collaboratore di Lupi, con cui si incontra per discutere gli affari di La Cascina. Nel gennaio 2014, Menolascina organizza una cena riservata con il ministro in occasione della convention Ncd a Bari, la stessa per cui il munifico Cavallo si attiva per far arrivare il biglietto aereo alla moglie di Lupi. Una cena  cui Menolascina vorrebbe far partecipare “qualcuno del mondo nostro e qualcun altro non del mondo nostro che vorrebbe stare (esserci, ndr)”. Obiettivo, chiarisce Lupi, avere “una mano’” per la campagna elettorale. Il giorno dopo uno dei partecipanti scrive a Cavallo una mail in cui chiede a sua volta un “aiuto” per la figlia di un professore che deve affrontare il test d’ingresso alla Facoltà di giurisprudenza dell’Università Bocconi. Il cerchio del ministro si attiva perché, si legge in un’intercettazione, lì ci “sono persone che potrebbero stare con noi”. Le carte non raccontano come è andata a finire.

I VANTI DI SALADINO: CICCIO MAZZETTA E LIGATO.Nella rete di contatti di Menolascina e Cavallo compare anche Antonio Saladino (neppure lui indagato), il presidente della Compagnia delle Opere in Calabria protagonista dell’inchiesta Why not condotta da Luigi De Magistris, prescritto in Cassazione dopo una condanna in appello. In una telefonata del 17 febbraio 2014, Saladino, imprenditore delle cooperative di servizi, racconta al solito Cavallo del sostegno ricevuto da Lupi e Forlani: si sarebbero attivati per lui con l’allora presidente della Regione Giuseppe Scopelliti. Ma soprattutto, Saladino si vanta di aver conosciuto “Ciccio Mazzetta“. Data la perplessità dell’interlocutore, Saladino chiarisce: “Lui faceva del bene a tutti però voleva pagato… Tutto si pagava e aveva fatto un ospedale  a Taurianova… don Ciccio dava lavoro a tutti… i costi della politica”. Chi sia Ciccio Mazzetta lo ricordano gli investigatori del Ros: “Al secolo Francesco Macrì, pluripregiudicato, già presidente dell’Usl di Taurianova (Reggio Calabria)”. […]

Nel 2010 la cooperativa Cascina, della quale è amministratore

Menolascina, viene condannato per truffa e frode (fornisce pasti agli ospedali ed alle scuole, leggete  che pasti!!!): 17 condanne, quelle più severe per Menolascina ed un altro amministratore.

Alcuni giorni dopo il Comune di Messina le aggiudica il servizio mensa delle scuole materne, elementari e medie inferiori della città.

 

Sebastiano Ambra     23 ott2010

“La Cascina”, ovvero carcere e mense scolastiche

Il 20 ottobre, l’ufficio stampa del Comune di Messina dirama il comunicato n. 1925 nel quale spiega che “è stato aggiudicato il servizio di mensa scolastica per le scuole materne, elementari e medie inferiori della città”, e che ad aggiudicarselo è stata la ditta “La Cascina Global Service S.r.l.”. Fino a qui niente di strano: come previsto dal bando di gara che ha in oggetto il servizio di refezione scolastica per “ottobre 2010-maggio 2011” e “ottobre 2011-maggio 2012” (263 giorni in tutto), si è tenuta una gara con procedura aperta alla quale hanno partecipato ditte coi documenti in regola e coscienti del fatto che ad essere accettate sarebbero state “soltanto offerte in ribasso”. La cosa strana, però, sta nel ribasso: “La Cascina” s’è aggiudicata il servizio tirando giù il prezzo “del 20,20 per cento rispetto all’importo a base d’asta di 3.425.312,00 euro”.

Accipicchia. Solo un altro era il concorrente (dato che in due avevano superato le verifiche per partecipare), cioè la ditta “Gemeas” (che aveva già gestito il servizio), che però s’era limitata a un 2,46 per cento in meno, che diviene pallido pallido di fronte al numerone della “Cascina”. In ogni caso si potrebbe soprassedere pure su questo: non è detto mica che un prezzo basso sia sinonimo di bassa qualità. O no? Già, perché proprio di questi giorni è la notizia che la stessa “Cascina” si è vista infliggere 17 condanne per reclusione (pene comprese tra i sei mesi e i due anni e mezzo) per truffa e frode nelle pubbliche forniture. Pare che questa società cooperativa, con sede a Roma, nel 2003 finì nel mirino dei magistrati della Procura di Bari, che all’epoca emisero dei provvedimenti restrittivi a seguito di un’inchiesta nata da denunce che parlavano di scarafaggi nella verdura, larve di mosca nelle confezioni di tonno, hamburger “bovini” fatti di indecifrabili tipi di carni diverse, latte magro zeppo di coliformi fecali, calamari indiani dentro cartoni senza alcuna indicazione…

Il tutto confezionato per ospedali e scuole di Bari a partire dal 1999. I pm parlarono anche di milioni di euro di appalti aggiudicati producendo autocertificazioni false che attestavano il pagamento di contributi previdenziali e assistenziali, tasse e imposte, e qualche giorno fa il giudice monocratico del tribunale di Bari, Maria Mitola, ha elencato le 17 condanne proprio per truffa: carcere più un risarcimento dei danni morali e materiali (da quantificare in sede civile) al Comune di Bari (che aveva chiesto 500.000 euro), ad Asl, Adisu, Codacons, Adoc e Federconsumatori (che si erano costituiti parte civile). Salvatore Menolascina ed Emilio Roussier Fusco, all’epoca dei fatti amministratore di fatto e responsabile commerciale della sede di Bari de “La Cascina”, si sono beccati le pene più severe, seguiti a ruota dai dirigenti Gabriele Scotti e Ivan Perrone e dai fornitori della cooperativa, Luigi Partipilo e Rosario Mastrangelo.

Proprio quest’ultimo, nelle intercettazioni telefoniche (15.000 ore) appariva il più preoccupato sotto il punto di vista burocratico, ammonendo i compari per una carente documentazione fiscale che rischiava di smascherare la triangolazione nell’acquisto di roba scadente con un’altra società, la “Cater”: «La “Cascina” è la cassaforte – diceva – mentre la “Cater” è una scatola vuota: non c’è niente». Le stesse intercettazioni rivelavano l’animo gentile di chi si rendeva conto che quella roba non la mangiavano «neppure i leoni dello zoo-safari». Insomma: pare sapessero quello che facevano e pare pure che dove arrivavano mettevano le tende. Dalle intercettazioni emerse che anche l’ex presidente dell’Inter, Ernesto Pellegrini, era a conoscenza del potere territoriale della cooperativa, dato che in una telefonata relativa a un appalto per l’ospedale di Tivoli si rivolgeva così a Menolascina: «La città di Bari è una cosa vostra, vero?». E l’altro: «La gestiamo da dieci anni». E Pellegrini: «Ecco, chiaro no? Quindi è inutile che io partecipi, no? È chiaro?». Chiaro.

“La Cascina” arriva un po’ dovunque. Salta dal Lazio alla Puglia, dalla Puglia alla Calabria. Nel registro dei Decreti dei dirigenti della Regione Calabria del 5 ottobre scorso c’è un’autorizzazione per la prima concessione in deroga della Cig per i lavoratori de “La Cascina Global Service”, quegli stessi lavoratori per i quali Menolascina nelle intercettazioni proponeva idee del tipo: «Non paghiamo gli stipendi e buttiamo fuori chi contesta: se no qua ci salta tutto e dobbiamo trovarci tutti un altro mestiere». […]

Nel 2012 viene confermata alla Cascina la gestione del centro di accoglienza di Mineo.

L’eterno e immobile limbo del Cara di Mineo

di Antonio Mazzeo

 6 marzo 2012

È già trascorso un anno e l’emergenza si è fatta quotidianità. Un albergo-prigione trasformato in una trappola di precarietà. Spazio dove tutto è lento. Non luogo eterno. Ieri è oggi, oggi domani. Il Centro di accoglienza richiedenti asilo di Mineo è ancora lì, nella piana di Catania, l’Etna imbiancata lontana, un deserto di arance e relazioni sociali. Cinquemila persone, cinquemila vite, cinquemila storie di dolori, dubbi e speranze ci hanno trascorso interminabili mesi nell’attesa di un imperscrutabile giudizio divino. “Resti!” “Te ne vai!” “Dentro!” “Fuori!”. Mille e seicento ci stanno ancora. E tanti ci resteranno almeno sino alla fine dell’anno. Sì, perché, nell’assenza di un dibattito generale sul diritto d’asilo e su quale accoglienza, lo status emergenziale migranti e richiedenti è stato prorogato d’ufficio al 31 dicembre 2012. Ma le lobby del business migranti Spa sono fameliche e instancabili. Tramano già per il SuperCara 2013 e 2014. Meglio ancora se 2015. Sono il partito unico, coop e aziende di destra e di sinistra a dividersi la torta plurimilionaria della supervigilanza dei corpi-altri, donne, uomini, bambine, bambini. Solo per l’affitto dell’ex villaggio di Mineo, la Pizzarotti Parma – proprietaria – riceverà qualcosa come sei milioni di euro all’anno.

[…] C’è poi il mare di soldi versato per la gestione diretta del Cara, nutrizione, vestizione e scansione dei tempi vuoti degli ospiti-semidetenuti. Poco meno di un mese fa, la Provincia regionale di Catania, soggetto attuatore per decreto del governo, ha confermato l’affidamento della struttura al Consorzio siciliano di cooperative sociali Sisifo (LegaCoop), capofila di un raggruppamento composto pure da Sol.Co Calatino, pool di coop politicamente trasversali con sede a Caltagirone, la coop-azienda di ristorazione Cascina di Roma e Domus caritatis. Prenderanno 29,56 euro al giorno più Iva per ogni richiedente asilo per dieci mesi (sino ad oggi erano 24,69 euro), oltre a 30.450 euro “per oneri di sicurezza”. Con il Cara a pieno regime, duemila ospiti, fatturerebbero complessivamente 17.736.000 euro più Iva e oneri di security. Con i mille e seicento di oggi, un po’ più di 14 milioni di euro.

[…] “Il territorio non è mai stato favorevole al Cara”, spiega il direttore di Sisifo, Ianni Maccarrone. “Da quando siamo qui non abbiamo mai ricevuto la vista di un esponente politico nazionale o locale, né da parte di alcun assessore o funzionario della regione Siciliana. Solo noi abbiamo richiesto a fine dicembre un incontro con le forze politiche del calatino per mostrare cosa stiamo facendo e ragionare su possibili collaborazioni future”. Tutti rivendicano, a parole, piena autonomia dalla politica. Ma al Cara di Mineo il cuore è saggiamente bipartisan. Quello di Sisifo batte per il variopinto arcipelago del Pd siciliano; quello di Sol.Co. Calatino per gli uomini di punta del Pdl. Macchine di voti, incarichi e prebende. Un gradino più in alto la figura di Giuseppe Castiglione, politico uno e trino: Presidente della Provincia di Catania, Soggetto attuatore del Centro d’accoglienza di Mineo, Portavoce siciliano del Popolo della Libertà. L’1 marzo 2012, giornata mondiale di mobilitazione e sciopero dei migranti, è lui a presentare l’esperienza del megacara al convegno su Multietnicità ed integrazione sociale, organizzato in pompa magna alle Ciminiere di Catania dal Pdl e dall’Associazione per lo sviluppo dell’imprenditorialità femminile immigrata (ASIFI). A condurre i lavori il suocero-senatore Giuseppe Firrarello.

Nel 2012-2013 la Cascina è indagata dalla Procura di Potenza

per associazione a delinquere, truffa e corruzione.

QT Sicilia Magazine pubblica le malefatte della cooperativa.

I PASTI DE “LA CASCINA”? E’ TUTTO UN MAGNA MAGNA

FABRIZIO GIANNINO      07/09/2013 12:26

Un profilo criminale quello de La Cascina, ed anche delle società ad essa collegate o/e partecipate, di tutto rilievo. Questo emerge da un’accurata rassegna stampa nazionale che da anni registra tutte le nefandezze e le successive condanne, anche per gli amministratori degli Enti Pubblici che con questa hanno avuto a che fare e le sottolineano in maniera certosina. Emerge una realtà fatta di servizi pessimi, corruzione di pubblici ufficiali, turbativa d’asta, falso, tangenti ….etc, etc.

Da tempo seguiamo le “imprese” di questa società in Sicilia in particolare la gestione dei pasti al centro CARA di Mineo (*), ove abbiamo sostenuto che La Cascina si è aggiudicata la gara per i pasti agli extra comunitari illegittimamente, a partire dal bando di gara che assegnava punteggi alti per qualche caratteristica posseduta solo da questa società, per continuare al servizio prorogato, abusivo lo definiremmo e senza nessun contratto, da decenni all’ERSU di Catania, in maniera inusuale e con estrema nonchalance, oggetto di nostri articoli.

Come può, qualsiasi Ente pubblico, intrattenere rapporti con tale società senza addossarsi almeno il sospetto della combine, visto che ciò accade dappertutto? Ma questa è una storia che continueremo con assoluta puntualità in appresso.

[…] Leggete quale quadro criminale ne viene fuori da questa rassegna stampa, c’è da inorridire per i fatti narrati, noi, però, inorridiamo anche per l’assoluta inedia ed immobilismo della magistratura catanese:

Cibi scaduti, avariati, puzzolenti e putrefatti. Pietanze ad elevata carica batterica. Pasta peperoni e cipolle ai bambini malati di fibrosi cistica. Pollo vecchio e maleodorante ai pazienti affetti da tumore o leucemia. Larve di mosca nelle confezioni di tonno, scarafaggi negli spinaci. Sono alcuni dei pasti che venivano confezionati e serviti dalla società cooperativa “La Cascina”di Roma nelle mense degli ospedali e delle scuole baresi (nel periodo dal ’99 ad oggi)….  nell’ambito di un’inchiesta avviata dopo le ripetute denunce dell’edizione barese di Repubblica, i magistrati della Procura di Bari Roberto Rossi e Lorenzo Nicastro hanno emesso dieci provvedimenti restrittivi (firmati dal gip Giuseppe De Benedictis ed eseguiti da polizia, carabinieri del Nas e Guardia di Finanza a Bari, Roma e Jesi) nei confronti dei responsabili della società di ristorazione. Otto agli arresti domiciliari (cinque dirigenti della “Cascina” e tre fornitori della cooperativa), oltre a due di interdizione dall’attività d’impresa”.

“Giorgio Federici e Luigi Grimaldi, dirigenti della sede centrale della Cascina (all’epoca dei fatti Grimaldi era vice presidente della cooperativa) sono state notificate misure cautelari interdittive di esercizio dell’attività d’impresa per due mesi. I due sono accusati di aver sottoscritto autocertificazioni false senza le quali – sostengono gi investigatori – “La Cascina” non avrebbe potuto partecipare alle numerose gare d’appalto che ha vinto”.

“L’inchiesta riguarda sia la scadente qualità dei cibi serviti, sia presunte irregolarità nell’aggiudicazione di numerosi appalti per la fornitura e somministrazione di pasti. Secondi i pm sono decine gli appalti, del valore di svariate decine di milioni di euro, che la società legata a Comunione e Liberazione si è aggiudicata truffando le amministrazioni pubbliche. Agli indagati (oltre ai dieci destinatari delle misure cautelari sono iscritte nel registro anche molte altre persone) viene contestata, a vario titolo, una lunga serie di episodi di truffa aggravata ai danni di enti pubblici; falsità ideologica e materiale; frode nelle pubbliche forniture; commercio di sostanze alimentari nocive e turbata libertà degli incanti. Anche sulla base delle numerose intercettazioni telefoniche e ambientali i magistrati Rossi e Nicastro hanno accertato che ai destinatari dei pasti (pazienti del Policlinico di Bari e alunni di alcune scuole materne ed elementari) venivano somministrati alimenti (solidi, liquidi, cotti, crudi, confezionati e sfusi) scaduti e avariati, in alcuni casi immangiabili perché puzzolenti. “Spesso – sostiene l’accusa – i cibi sono stati stoccati e manipolati in locali e con attrezzature prive dei minimi requisiti di igiene. Poi – si legge ancora nell’ordinanza – sono stati serviti alimenti diversi per quantità e qualità diversi da quelli indicati nel capitolato d’appalto”. Con l’aggravante di aver commesso il fatto “approfittando di circostanze di persona (malati in età infantile ricoverati negli ospedali) tali da ostacolare la privata difesa”. Ad alcuni indagati, per questo, viene contestato il reato di somministrazione di sostanze alimentari in modo pericoloso per la salute pubblica. L’inchiesta è ora destinata ad allargarsi”.

“ La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari ha chiesto la sospensione dalle funzioni per alcuni dei sei cancellieri in servizio presso il Registro generale della Procura indagati nell’ inchiesta su presunte rivelazioni del segreto d’ ufficio in favore di persone coinvolte nelle inchieste sulle cooperative romana e barese “La Cascina” e “La Fiorita”(società facente parte del gruppo). La richiesta – a quanto si è potuto sapere – è stata inoltrata al gip che prima di prendere qualsiasi decisione, così come prevede la legge, dovrà interrogare gli indagati. 

Di uno stralcio dell’ indagine sulla presunta esistenza di talpe nel palazzo di giustizia di Bari si occupa anche la Procura di Lecce che ha recentemente chiesto al gip la sospensione dalle funzioni per il presidente aggiunto dell’ ufficio gip-gup del Tribunale di Bari, Piero Sabatelli, e per quattro cancellieri in servizio nell’ ufficio gip-gup di Bari.

[…]“ Vincevano sempre loro, dappertutto. Se c’ era la cooperativa «La Cascina», le altre ditte potevano scordarsi di vincere la gara d’ appalto per le mense di scuole materne, ospedali, caserme, università. Il colosso del catering nato e cresciuto nel grembo di Comunione e liberazione e della Compagnia delle Opere otteneva sempre il punteggio più alto. E vinceva. Ogni volta, il suo piano alimentare e l’organizzazione del servizio risultavano i migliori. Pazienza se erano anche i più costosi. Era il prezzo della qualità. Peccato che i controlli dei carabinieri dei Nas abbiano sollevato un dubbio atroce su questo modello di efficienza, con la scoperta di tutti quei cibi avariati, scaduti, contaminati da salmonella e batteri colifecali, somministrati a bambini e ammalati. Da non crederci. Eppure, «La Cascina» sbaragliava tutti i concorrenti. Un’ indagine che per ora riguarda soltanto Bari e la Puglia, ma che presto potrebbe coinvolgere tutti quegli enti pubblici in cui è «La Cascina» ad apparecchiare la tavola. A cominciare dal Comune di Roma (dove nell’ 89 il sindaco Pietro Giubilo dovette dimettersi in seguito a un’ incriminazione per gli appalti delle refezioni scolastiche), e dal Senato, dove «La Cascina» gestisce bar del personale, mensa e buvette. I pm Rossi e Nicastro hanno chiesto e ottenuto dal gip Giuseppe De Benedictis l’ arresto di cinque dirigenti della cooperativa e di tre fornitori (uno in carcere, Salvatore Menolascina, gli altri ai domiciliari) e, per altri due, la interdizione dall’ esercizio di funzioni direttive in persone giuridiche e imprese. Con loro, altri 21 indagati a vario titolo per truffa aggravata, frode in pubbliche forniture, falso ideologico, turbativa d’ asta, somministrazione di sostanze alimentari in modo pericoloso per la salute pubblica. «La Cascina» respinge ogni accusa, ricorda che «da dieci anni produce centomila pasti al giorno senza alcuna lamentela» e garantisce la più ampia collaborazione con i magistrati. Ma le accuse sono pesantissime e ruotano tutte intorno alla false autocertificazioni che la cooperativa avrebbe prodotto per vincere le gare d’ appalto: contributi previdenziali e assistenziali evasi per miliardi di lire (essenziali per aggiudicarsi il servizio), senza che nessuno – dai sindaci ai dirigenti – controllasse, e certificazioni di qualità sull’ origine e il trattamento degli alimenti, per i quali spesso non esisteva alcun controllo sanitario, anche se etichette e scadenze erano falsificate in maniera impeccabile. L’ OPERAZIONE Nas e Guardia di Finanza hanno eseguito otto arresti e due decreti di interdizione dall’esercizio di uffici direttivi nei confronti di dieci dirigenti e fornitori della cooperativa «La Cascina». […] La Cascina, oltre a occuparsi di mense, gestisce sei villaggi in Italia, a Cuba e in Tunisia. Fino al 2000 impiegava 3.476 lavoratori dipendenti. Il fatturato nel 2001 è stato di oltre 300 milioni di euro.

E’ leader del mercato Costituita nel 1978, «La Cascina» è leader tra le mense universitarie e scolastiche con un fatturato di 600 milioni. Prepara 40 milioni di pasti in 800 tra mense, ristoranti, pizzerie e bar all’ anno. Nel 2002 la cooperativa, legata a Comunione e liberazione, si è aggiudicata la gestione della buvette del Senato. Accanto alla gestione delle mense c’ è il business dei buoni pasto, col marchio «Break Time»”.

Il 23 ottobre 2013 la Cascina festeggia a scala nazionale i suoi 35 anni di vita.

    

     Comunicati Stampa|

La Cascina compie 35 anni, festa per 100 mila persone

Centomila persone in festa, distribuite in 11 regioni italiane, dalla Val d’Aosta alla Sicilia. Sono gli ingredienti che giovedì 24 ottobre caratterizzeranno la grande festa per il 35° anniversario del Gruppo La Cascina. Una tovaglietta celebrativa e alcune variazioni nel menù uniranno idealmente le mense scolastiche, universitarie, ospedaliere e aziendali di tutta Italia.

 “Era il 24 ottobre 1978 quando Don Giacomo Tantardini, nostro amico sacerdote, chiese ad alcune mamme degli studenti universitari romani di cucinare per gli studenti fuorisede – racconta il presidente del Gruppo Giorgio Federici. Il Cardinale Luciani, condividendo lo spirito dell’iniziativa, donò alla Cooperativa La Cascina 70 mila lire per favorirne la realizzazione. Sono passati 35 anni e il Gruppo custodisce e valorizza ogni giorno i valori che l’hanno generato “.

A distanza di 35 anni La Cascina, senza perdere di vista le sue origini, può contare sulla collaborazione di oltre 8000 persone tra soci e dipendenti, con una presenza capillare su tutto il territorio nazionale. Il Gruppo, oggi, con un fatturato annuo di 350 milioni di euro, offre assistenza a milioni di persone, somministra 35 milioni di pasti all’anno, tra scuole, università, ospedali e aziende, ed è leader nei settori della Ristorazione, del Banqueting di prestigio, dei Servizi alla persona e del Turismo di alta gamma.

Sono fiero e orgoglioso del lavoro fino ad oggi svolto dalla nostra Cooperativa – spiega il Amministratore delegato del Gruppo La Cascina, Salvatore Menolascina. Sono certo che grazie all’impegno di tutti non mancheranno importanti e ulteriori occasioni di sviluppo che ci consentiranno di guardare al domani con l’ottimismo e il coraggio tipico del nostro Gruppo“.

Da due anni – aggiunge il vice Presidente Francesco Ferrara – il Gruppo La Cascina ha intrapreso un significativo e impegnativo percorso nel mondo del sociale. Prerogativa essenziale di questo impegno è la lotta contro l’esclusione sociale di persone svantaggiate, promuovendo percorsi di presa in carico globale della persona, fornendo a ciascuno risposte mirate ai reali bisogni di integrazione, autonomia e sviluppo orientati al raggiungimento di una migliore qualità della vita “.

 

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